(Cassazione, Sezioni Unite n.27326/2020)
L’abuso di autorità, nei reati sessuali, si configura anche nei rapporti privati e di fatto e non solamente nell’ambito di una posizione autoritativa, qualora vi sia una situazione di supremazia sfruttata al fine di costringere la vittima a subire o a compiere atti sessuali.
Gli ermellini escludono la natura formale e pubblicistica dell’autorità di cui l’agente abusi nel commettere il reato, chiarendo che l’autorità “privata” non è solo quella che derivi dalla legge ma anche quella di mero fatto. Come ovvio, detta autorità deve essere provata in maniera inequivoca mediante una analisi concreta della dinamica dei fatti diretta a porre in luce un effettivo rapporto di soggezione intercorrente tra il soggetto agente e la vittima della violenza.
Al tempo stesso occorre provare anche l’utilizzo arbitrario di tale potere, dando conto della relazione tra abuso dell’autorità e conseguenze sulla capacità di autodeterminazione della vittima posto che, una condotta che dovesse estrinsecarsi diversamente dovrebbe essere inquadrata nell’ambito della “induzione” o “minaccia”.